Gentile direttore Michele Brambilla, caro collega Lorenzo Priviato,
ho letto con sconcerto il pezzo da voi pubblicato in data odierna sul vostro sito dal titolo “Campeggi a Ravenna: lotta agli abusivi, scattano i primi Daspo urbani”. Lungi dal dare una corretta e imparziale informazione (sette camperisti multati per avere infranto un semisconosciuto regolamento di polizia urbana che intende prevenire “attività assimilabili a campeggio”), avete ritenuto di usare toni dispregiativi nei confronti di un’intera categoria di turisti, dimostrando da una parte una scarsa conoscenza del fenomeno del turismo itinerante e dall’altra esprimendo una sorta di “razzismo” nei confronti di chi, legittimamente, ha fatto una precisa scelta per il proprio tempo libero.
Avete in particolare parlato di una “sorta di turismo parassitario”, composto da turisti che fanno “vacanze mordi e fuggi che […] dal punto di vista economico alla città portano poco o nulla”, definiti “furbetti del campeggio” per i quali “sembra finita l’epoca della vacanza a scrocco”. Scrivete anche che “nei weekend prendono d’assalto i lidi, occupando parcheggi per intere giornate”. Ma chi frequenta gli alberghi e gli appartamenti in affitto, che sia per un weekend, una settimana o un mese, la propria auto dove la mette? Hanno tutti rimessa privata?
Visti i toni che avete utilizzato, forse è meglio che conosciate qualche dato. I veicoli ricreazionali in Europa sono circa cinque milioni e 700mila e sono utilizzati da “equipaggi” che vanno mediamente da due a quattro persone. Parliamo quindi di milioni di persone che scelgono questo tipo di vacanza, e per le quali l’Italia è uno dei primi tre mercati Europei.
Sono persone che hanno acquistato veicoli con prezzi che vanno dai 40/45 mila euro a 100.000 (tralasciando i prodotti di lusso che possono costare diverse centinaia di migliaia di euro). È un turismo che ama la libertà, il contatto con la natura, i percorsi culturali, l’enogastronomia e la sostenibilità. Certo, qualche volta queste persone mangiano in camper (magari prodotti acquistati nei negozi locali), altre volte frequentano ristoranti, quasi sempre acquistano biglietti per attrazioni culturali o ludiche, passano la giornata ai bagni, comprano giornali, bevono caffè e/o aperitivi nei locali della zona, pagano i parcheggi. Non è un turismo povero o di serie B. Semplicemente sono persone che non vanno in una località turistica e vi si fermano per una, due o tre settimane: preferiscono allargare i loro orizzonti.
Ma spendono e contribuiscono all’economia locale, come testimoniato anche dal Tavolo per il Turismo all’Aria Aperta. Possono quindi essere definiti parassiti, furbetti, scrocconi? Io credo proprio di no.
Come in ogni segmento della società civile, anche tra i camperisti possono esserci persone con disponibilità economiche più limitate (la cui unica “colpa” è quella di spendere meno) e magari possono annidarsi personaggi maleducati, a volte anche molto, che non rispettano le regole e nemmeno il buonsenso della convivenza civile. Questi sì vanno sanzionati, ma quando si parla di questi episodi bisogna fare attenzione, giornalisticamente parlando, a non criminalizzare o insultare un’intera categoria. Leggendo il regolamento di polizia urbana da voi citato appare evidente l’intenzione di colpire esclusivamente chi effettua “attività assimilabili a campeggio” e per questo ritengo siano stati multati i sette camperisti citati dal vostro articolo.
Se così non fosse, i turisti multati esclusivamente perché “Avevano fermato i loro camper negli stalli sosta per le auto, stazionandovi tutta notte, dormendo e mangiando all’interno, consapevoli del fatto che il codice della strada glielo consente”, come avete scritto in apertura, avrebbero tutto il diritto di proporre ricorso (e quasi sicuramente lo vincerebbero). I comuni possono vietare infatti il campeggio (quello vero, non quello che sembra campeggio in base a criteri non noti), ma non la sosta. E durante la sosta le persone all’interno del veicolo possono usarlo per ciò per cui è stato prodotto, naturalmente nel rispetto delle norme nazionali.
Rispetto che dovrebbe esistere anche in senso contrario, da parte vostra nei confronti dei turisti, ed eventualmente anche da parte di autorità locali che possono commettere errori quando cercano di combattere fenomeni non graditi.
Queste mie riflessioni vogliono essere una lettera aperta che possa servire da stimolo e da confronto per tutti gli attori coinvolti nel mondo del turismo, da chi si occupa di ospitalità alle amministrazioni locali, da chi fa informazione a chi deve fare rispettare le regole. Per questo pubblico queste note anche sul blog Seimetri.it e sui relativi profili social.
Cordiali saluti
Paolo Galvani
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